Si sa, ogni Paese ha il suo scrittore brutto: l'Italia ha
Moccia, la Gran Bretagna ha quella repressa di 50 sfumature di grigio della
quale non mi interessa imparare il nome e la Slovenia ha lui, Andrej Morovič.
Il libro che porterò ad esempio è uno dei suoi
nonsoquanti-mila libri che a quanto pare sembrano avere tutti lo stesso tema.
"Seks, ljubezen in to" (Il sesso, l'amore e
questo), pubblicato da una certa Casa Editrice Studentesca, non sembra aver
avuto riedizioni di sorta e, la mia copia comprata circa un mesetto fa, riporta
ancora il prezzo in talleri...
Confusione nella trama: perché? c'era una trama?
Inutilità dei capitoli: non ci sono nemmeno i capitoli...
Livello di scorrettezza: Bukowski wannabe
La trama, trovata solo online (e quando dico solo vuol dire
proprio solo, manco nel libro la si trova) parla di un viaggio alla scoperta
del sesso e della droga nonché dei piaceri effimeri eccetera eccetera. Il tutto
farebbe pensare ad un misto tra Keruac e Bukowski, magari pure piacevole, e
invece...
Il protagonista si chiama Anton Bajrami, cosa che si scopre
verso pagina 30 (su 170) che narra le sue vicende e quelle di tale Dzoni. Ora
io mi sono detta, Dzoni (in italiano traducibile con Gianni) sarà il suo
migliore amico. Beh, in un certo senso si. Tale Dzoni sembra avere la tendenza
ad essere sessualmente attratto da tutte le tipe che piacciono al protagonista,
piacciono in senso fisico si intende. Dopo circa 5 pagine di tale Dzoni scopro
che in realtà egli non è altro che... un PENE!
Ingranata, ed accettata, la cosa continuo con la lettura. La
trama è praticamente inesistente, il protagonista si sposta per Venezia,
Berlino, di nuovo Venezia, l'Australia, la Nuova Zelanda, Venezia, Berlino e
New York senza che ci dica come si sposta, con che soldi, niente. In pratica
qualsiasi scena si svolge in due pagine: arrivo nella città tal dei tali,
conosco tale tipa e me la faccio. Punto. Flash Gordon!
Un po' si capisce che lui scrocca stanze alle persone e due
volte nomina il fatto di lavorare, senza dire cosa fa.
Ricordo che il titolo è "Sesso, amore e questo" ma
di amore (e nemmeno di questo) non se ne vede nemmeno l'ombra.
I rapporti sessuali sono descritti in modo triste, lasciati
molto alla carlona, cosa che non dovrebbe succedere in un romanzo erotico. Non
si capisce come lo facciano, dove lo facciano e soprattutto se si addormentino
o meno durante il rapporto.
Ma la cosa bella del libro, quella che lo rende degno di una
recensione, sono le sparate epiche che si possono trovare qua e la. Ve ne
riporterò alcune.
Il protagonista va a Berlino e lì è ospite di un certo zio
Bill, omosessuale convinto. Ovviamente l'autore non poteva farsi scappare
un'occasione così ghiotta per dire boiate fare pensieri altamente
filosofici. Vediamo quindi un discorso delirante e senza senso in cui il
protagonista teme che il suo essere omofobo possa essere segno di
omosessualità. Si ripromette quindi di essere gentile coi gay ma, il fatto di
essere stato omofobo in passato gli da ancora qualche preoccupazione:
"Non mi dava
pace sapere che i froci si facessero in culo anche se avevo letto in alcune
pubblicazioni didattiche, che erano sparse ovunque da Bill, che l'omofobia
deriva da un magnetismo omoerotico che ha anche valenza retroattiva, e quindi
anch'io ero omofobo."
Passiamo ora a vedere come il nostro autore descriva
l'eccitamento sessuale, e qui non voglio fare commenti:
"Stavamo
sussurrandoci dio sa cosa quando tutto il mio sangue è andato a Džoni, che
pulsava rosso, e tramite lui ad Anija."
Da pagina 100 circa in poi succede una cosa stranissima, Džoni
comincia a parlare. Ovviamente, essendo un pene, ed avendo quindi una testa
letteralmente da cazzo, non possiamo aspettarci che faccia granché discorsi. A
volte però sembra essere più intelligente del protagonista stesso, e la cosa è
preoccupante:
"Džoni disse:
su, pistolone! ma io ancora esitavo, poi le ho messo la mano tra le
gambe."
"Quella volta
ho provato a stimolare Džoni con la fantasia di imprimerlo sulla banconota di
taglio più elevato. Džoni disse: dai vecchio, non fare il cretino."
E qui magicamente comincia un accenno di trama (nota, siamo
a pagina 150 su 170). Il protagonista arriva infatti a Berlino Ovest ma, avendo
passaporto jugoslavo senza visto si trova ad essere clandestino. Per sistemare
la cosa si sposa la prima pirla che gli capita sottomano, ogni tanto le da una
botta ma più che altro la tradisce.
Certo, lei non è fatta per lui e il motivo è:
"Quando
avemmo entrambi un bel lavoro e non vi era più tempo per cucinare o cuocere il
risultato fu una divisione nel frigorifero: lei, prodotti caseari e dolci, io,
carne secca e purè. Era chiaro che non marciavamo sullo stesso binario."
Caspita, hanno gusti diversi in fatto di cibo! Gravissimo! Fossero questi i problemi di coppia...
I due vanno in America dove vivono separati, poi lui decide
di tornare a Berlino e si porta dietro lei, vivendo sempre separati.
E qui si consuma la tragedia, lui decide che è venuto il
momento di cambiare e di adeguarsi al sistema capitalistico. E come pensate che
avvenga questo cambiamento? Così:
"Gli Stati
Uniti mi avevano a tal punto ripugnato che sentivo il bisogno di dare un nuovo
nome a Dzoni e insieme a quello, a Dio piacendo, anche un nuovo impeto. [...]
Dopo una lunga riflessione è venuto fuori il nome Višna, per ribadire la transizione
temporale e carnale."
Quindi addio pene Džoni, ci mancherai. No, per nulla.
Il libro finisce con lui che torna a Berlino, portandosi dietro
la povera moglie fittizia che magari non c'aveva voglia di tornare e col muro
che crolla. Fine. Punto. Nessun senso!
Prenderò ancora in mano un libro di Morovič? Certo che no!
Anzi, se volete fare uno scherzo brutto ad un vostro amico o parente che sa lo
sloveno vi mando volentieri il libro per posta.
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