mercoledì 28 agosto 2013

Libri brutti - Seks, ljubezen in to (Sesso, amore e questo)



Si sa, ogni Paese ha il suo scrittore brutto: l'Italia ha Moccia, la Gran Bretagna ha quella repressa di 50 sfumature di grigio della quale non mi interessa imparare il nome e la Slovenia ha lui, Andrej Morovič.
Il libro che porterò ad esempio è uno dei suoi nonsoquanti-mila libri che a quanto pare sembrano avere tutti lo stesso tema.
"Seks, ljubezen in to" (Il sesso, l'amore e questo), pubblicato da una certa Casa Editrice Studentesca, non sembra aver avuto riedizioni di sorta e, la mia copia comprata circa un mesetto fa, riporta ancora il prezzo in talleri...



Confusione nella trama: perché? c'era una trama?
Inutilità dei capitoli: non ci sono nemmeno i capitoli...
Livello di scorrettezza: Bukowski wannabe

La trama, trovata solo online (e quando dico solo vuol dire proprio solo, manco nel libro la si trova) parla di un viaggio alla scoperta del sesso e della droga nonché dei piaceri effimeri eccetera eccetera. Il tutto farebbe pensare ad un misto tra Keruac e Bukowski, magari pure piacevole, e invece...
Il protagonista si chiama Anton Bajrami, cosa che si scopre verso pagina 30 (su 170) che narra le sue vicende e quelle di tale Dzoni. Ora io mi sono detta, Dzoni (in italiano traducibile con Gianni) sarà il suo migliore amico. Beh, in un certo senso si. Tale Dzoni sembra avere la tendenza ad essere sessualmente attratto da tutte le tipe che piacciono al protagonista, piacciono in senso fisico si intende. Dopo circa 5 pagine di tale Dzoni scopro che in realtà egli non è altro che... un PENE!
Ingranata, ed accettata, la cosa continuo con la lettura. La trama è praticamente inesistente, il protagonista si sposta per Venezia, Berlino, di nuovo Venezia, l'Australia, la Nuova Zelanda, Venezia, Berlino e New York senza che ci dica come si sposta, con che soldi, niente. In pratica qualsiasi scena si svolge in due pagine: arrivo nella città tal dei tali, conosco tale tipa e me la faccio. Punto. Flash Gordon!
Un po' si capisce che lui scrocca stanze alle persone e due volte nomina il fatto di lavorare, senza dire cosa fa.
Ricordo che il titolo è "Sesso, amore e questo" ma di amore (e nemmeno di questo) non se ne vede nemmeno l'ombra.
I rapporti sessuali sono descritti in modo triste, lasciati molto alla carlona, cosa che non dovrebbe succedere in un romanzo erotico. Non si capisce come lo facciano, dove lo facciano e soprattutto se si addormentino o meno durante il rapporto.
Ma la cosa bella del libro, quella che lo rende degno di una recensione, sono le sparate epiche che si possono trovare qua e la. Ve ne riporterò alcune.
Il protagonista va a Berlino e lì è ospite di un certo zio Bill, omosessuale convinto. Ovviamente l'autore non poteva farsi scappare un'occasione così ghiotta per dire boiate fare pensieri altamente filosofici. Vediamo quindi un discorso delirante e senza senso in cui il protagonista teme che il suo essere omofobo possa essere segno di omosessualità. Si ripromette quindi di essere gentile coi gay ma, il fatto di essere stato omofobo in passato gli da ancora qualche preoccupazione:

"Non mi dava pace sapere che i froci si facessero in culo anche se avevo letto in alcune pubblicazioni didattiche, che erano sparse ovunque da Bill, che l'omofobia deriva da un magnetismo omoerotico che ha anche valenza retroattiva, e quindi anch'io ero omofobo."

Passiamo ora a vedere come il nostro autore descriva l'eccitamento sessuale, e qui non voglio fare commenti:

"Stavamo sussurrandoci dio sa cosa quando tutto il mio sangue è andato a Džoni, che pulsava rosso, e tramite lui ad Anija."

Da pagina 100 circa in poi succede una cosa stranissima, Džoni comincia a parlare. Ovviamente, essendo un pene, ed avendo quindi una testa letteralmente da cazzo, non possiamo aspettarci che faccia granché discorsi. A volte però sembra essere più intelligente del protagonista stesso, e la cosa è preoccupante:

"Džoni disse: su, pistolone! ma io ancora esitavo, poi le ho messo la mano tra le gambe."
"Quella volta ho provato a stimolare Džoni con la fantasia di imprimerlo sulla banconota di taglio più elevato. Džoni disse: dai vecchio, non fare il cretino."

E qui magicamente comincia un accenno di trama (nota, siamo a pagina 150 su 170). Il protagonista arriva infatti a Berlino Ovest ma, avendo passaporto jugoslavo senza visto si trova ad essere clandestino. Per sistemare la cosa si sposa la prima pirla che gli capita sottomano, ogni tanto le da una botta ma più che altro la tradisce.
Certo, lei non è fatta per lui e il motivo è:

"Quando avemmo entrambi un bel lavoro e non vi era più tempo per cucinare o cuocere il risultato fu una divisione nel frigorifero: lei, prodotti caseari e dolci, io, carne secca e purè. Era chiaro che non marciavamo sullo stesso binario."

Caspita, hanno gusti diversi in fatto di cibo! Gravissimo! Fossero questi i problemi di coppia...
I due vanno in America dove vivono separati, poi lui decide di tornare a Berlino e si porta dietro lei, vivendo sempre separati.
E qui si consuma la tragedia, lui decide che è venuto il momento di cambiare e di adeguarsi al sistema capitalistico. E come pensate che avvenga questo cambiamento? Così:

"Gli Stati Uniti mi avevano a tal punto ripugnato che sentivo il bisogno di dare un nuovo nome a Dzoni e insieme a quello, a Dio piacendo, anche un nuovo impeto. [...] Dopo una lunga riflessione è venuto fuori il nome Višna, per ribadire la transizione temporale e carnale."

Quindi addio pene Džoni, ci mancherai. No, per nulla.
Il libro finisce con lui che torna a Berlino, portandosi dietro la povera moglie fittizia che magari non c'aveva voglia di tornare e col muro che crolla. Fine. Punto. Nessun senso!
Prenderò ancora in mano un libro di Morovič? Certo che no! Anzi, se volete fare uno scherzo brutto ad un vostro amico o parente che sa lo sloveno vi mando volentieri il libro per posta.

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